Diario del Festival dello Spettatore 2019 / Giorno 3 (pt.2)

Lo spettacolo “La semplicità ingannata” tratta il tema della discriminazione della donna nel ‘500.
La donna in quanto figlia femmina era sottomessa totalmente al padre e rilegata all’ignoranza forzata; il padre decideva della vita della figlia, la indirizzava ad un marito fin quando lei si fosse mantenuta giovane, sana e bella, perdendo così qualsiasi libertà.
Se una donna voleva intraprendere una ricca carriera, avrebbe potuto svolgere il ruolo di “cortigiana”, che la portava però alla perdita di dignità.
A questo punto ogni lettore potrebbe avviare una riflessione e chiedersi: è più umiliante l’indipendenza economica con la prostituzione o un matrimonio combinato che ti costringe a vivere con un estraneo?
L’ultima estrema opzione per tutte quelle donne non più giovani, bruttine e con qualche difetto fisico, era il convento.
Questo è il caso della protagonista, che costituisce un perfetto parallelo con la storia di Suor Maria Virginia de Leyva (la arcinota “monaca di Monza”), lei è stata indottrinata sin da piccola alla vita monastica anche con messaggi subliminali (giocava solo con bambole vestite da monaca).
Si potrebbe quindi dire che la ragazza è stata ingannata in quelle che erano le sue speranze infantili, in quella che era la sua più completa semplicità: da qui il titolo.
Nel complesso l’argomento è stato trattato con delicatezza, talvolta con simpatia, ma lascia comunque l’amaro in bocca perché ogni donna moderna dovrebbe domandarsi: quanto, ad oggi, la situazione nella nostra società è mutata?
di Jasmine Giannini