Loggionisti del Teatro Alla Scala

Milano


Loggionisti del Teatro Alla Scala

There is a light that never goes out è il titolo di una canzone dei “The Smiths”: c’è sempre una luce che non si spegne definitivamente, resta sempre acceso un barlume, una scintilla in ogni cosa.

L’entusiasmo di raccogliere riscontri positivi e di poter donare un omaggio ai loggionisti del Teatro alla Scala si è scontrato con una visione diversa da quella immaginata. L’impatto, seppur disorientante, trova degli spiragli di luce, di emozione e di speranza. Perché essere appassionati di qualcosa oggi è quasi una rarità, trovare persone appassionate lo è ancora di più. E per quanto i tempi siano cambiati, internet agevoli relativamente il flusso delle informazioni, resta ed è presente la parola di chi della sua passione vive e la condivide con gli altri.

I loggionisti del Teatro alla Scala sono l’esempio vivente di chi, nonostante il passare del tempo e i suoi cambiamenti culturali, continua a frequentare uno dei teatri più importanti del mondo.“Esiste in modo diverso il loggione” affermano Rossella Davide e Marco, tre appassionati di musica e frequentatori assidui del teatro meneghino. “Una volta i loggionisti avevano un peso importante sugli artisti: se un cantante non piaceva il loro giudizio era tenuto in stretta considerazione dai cantanti stessi (qualcuno le verdure le ha ricevute davvero e al Piermarini non si è più visto) che di quel palco avevano gran timore perché rappresentava un punto di arrivo e consolidamento della propria carriera. Sempre una volta, c’era una corrispondenza cartacea tra gli appassionati e le maestranze del Teatro alla Scala: commenti di fuoco spesso, ma con delle considerazioni costruttive. Pochi azzardano oggi ai fischi, e a volte chi fischia, per temperamento rischia di rovinare un bel momento agli altri spettatori.

Oggi per molti cantanti il palcoscenico del Teatro alla Scala è inteso come un trampolino di lancio verso il mondo della lirica.Qualcuno fa notare la differenza tra oggi (spesso appaiono nomi di artisti non conosciuti dal pubblico scaligero) e ieri (anno 2009: ricordiamo Anita Rachvelishvili che fresca di diploma presso l’accademia del Teatro alla Scala debuttò dieci anni fa nella Carmen diretta da Emma Dante e che da quell’esordio è ormai un’artista acclamata e di fama internazionale).

Nei cartelloni degli ultimi anni la Scala ha puntato soprattutto su titoli di chiamata e qualche nome importante richiamando l’attenzione soprattutto di molti turisti con una programmazione decisamente “popolare”emolto capillare rendendo il calendario scaligero molto ricco di alzate di sipario: discorso da approfondire in altre sede o argomentazione, ma necessario da ricordare perché le scelte e la programmazione stessa influiscono nelle dinamiche di promozione legate al pubblico.

Fare spettacoli oggi è forse più difficile che in passato: Chiara sostiene che misurarsi con Registi e autori che hanno fatto la storia del teatro è complicato, perché molte intuizioni sono già state espresse e mostrate al pubblico, quindi i registi di oggi si trovano ad avere degli esempi molto imponenti ed ingombranti per la storia, il prestigio e le innovazioni sceniche e fare qualcosa che stupisca e racconti allo stesso tempo risulta più difficile. In Scala questa situazione assume una eco ancora maggiore, soprattutto se si pensa al 7 dicembre, quando si affida ad un regista lo spettacolo di apertura della Stagione scaligera.

Ma forse a volte, ribattendo a questa considerazione, c’è un volersi spingere oltre per stupire, per superare ciò che è già stato fatto, col rischio però di non essere capiti e di sembrare autoreferenziali. Dipende sempre tutto da come vengono pensate le parti che compongono lo spettacolo: ad esempio il Ring di Robert Carsen ha ottenuto dei riscontri molto positivi, per cantanti, regia e allestimento, quest’ultimo avanguardieristico eppure efficace perché rispettoso della partitura wagneriana.

Che piaccia o meno però, c’è da dire che il teatro offre occasioni diverse per gli spettatori sia a livello di approfondimento culturale (ad esempio le conferenze di Prima delle prime, organizzate dall’Associazione “Amici della Scala” dove un oratore spiega e analizza l’opera o il balletto pochi giorni prima del debutto, evento gratuito fino ad esaurimento posti disponibili in sala), sia di incontro: consuetudine verso maggio è la presentazione della stagione ventura con il racconto del programma da parte del Sovrintendente: abbonati, loggionisti, curiosi possono intervenire riportando spesso le proprie idee direttamente alle Maestranze.Tempi diversi, modi diversi, ma il pubblico non si trascura mai (certe lezioni non si dimenticano mai per fortuna).

Di punti di vista per questo articolo ne sono stati raccolti molti ed è stato complicato seguire il tema proposto, ma interessante e sfidante, esattamente come quando in scena va Aida o l’Olandese Volante o Una donna senz’ombra e si chiede ai loggionisti il loro parere: tutti vedono e sentono qualcosa di diverso, ma proprio da questa diversità si può trovare un equilibrio, consolidare una propria idea, cambiarla ma soprattutto imparare.

Adele, pilastro dello stesso loggione, ha ancora gli occhi che brillano quando parla delle gallerie: ha iniziato a frequentare il Teatro alla Scala grazie al fidanzato diventato poi marito che amava la musica. Seguendo lui, anche lei si è innamorata della musica classica, ha imparato ad ascoltare la musica e il canto: e tanto è stata l’influenza che ha chiamato sua figlia Norma in onore della celebre opera di Bellini(ndr loggionista anche lei) e sua nipote è stata una maschera scaligera: mostra fiera una loro foto, assieme ad un calendario dei loggionisti stampato prima della riapertura del 2004 del Teatro con riportate le date di vita e morte dei compositori, loggionisti compresi. È tra gli addetti dell’Associazione L’accordo che gestisce in accordo con il Teatro la distribuzione dei 140 ingressi a prezzo ridotto per le gallerie. I suoi colleghi sono altri loggionisti che come lei dedicano parte del loro tempo al teatro dando un servizio agli altri spettatori.

Non si nasce loggionisti, ci si può diventare a qualsiasi età. E anche se non proprio loggionisti, appassionati.

Ad esempio Giancarlo e Tiziana frequentano il Teatro da una decina d’anni da quando “hanno terminato il loro periodo lavorativo”; Mattia si è innamorato di un’opera andando a teatro con la scuola superiore; mentre Giacomo ad esempio, ha sempre respirato aria di musica grazie al proprio papà; oppure Chiara, che conosce quelle poltrone da quando era piccina.

Tiziana dice “frequentare questo teatro da loggionisti è stata una scoperta fondamentale soprattutto in questo periodo della nostra vita, perché ci ha dato l’opportunità di conoscere persone con le quali condividere l’amore per opere balletti era musica ma anche instaurare rapporti umani e significativi”. Infatti il porticato di via Filodrammatici ogni sera è abitato, oltre che da turisti, anche dagli stessi loggionisti che spesso tra loro scambiano i pensieri, considerazioni e in alcuni casi cimeli storici che li uniscono ancora di più.

A volte quei stessi commenti avvengono anche sui divanetti delle gallerie a cui si può assistere tenendo bene teso l’orecchio: “stavolta non ha alzato bene la gamba, non era in tensione, quel danzatore non mi ha lasciato nulla il bello di questo pubblico sta nel fatto che include tutti e non esclude, e il suo punto di forza sta nella differente manifestazione di pensiero. La frequentazione tra loro è anche al di fuori della sala del Piermarini: Rossella, Marco e Davide ad esempio erano ad una cena, una delle molteplici serate in cui attorno ad un tavolo e del buon cibo si possono ascoltare i racconti, aneddoti, avventure e disavventure di questi spettatori che non sono solo presenti in Scala, ma che girano per il mondo.

Esiste un ricambio generazionale? Adele con gli artisti più giovani ha sempre cercato un contatto e con qualcuno ha instaurato anche un rapporto di confidenza tanto da permettersi di dare suggerimenti e consigli il suo interesse: trova l’orecchio disponibile dei giovani a cui si rivolge pronti ad ascoltare i suoi consigli riconoscendo in lei una valida fonte di conoscenza; Giacomo e Mattia sono parte della nuova guardia dei loggionisti, giovani che delle code per ottenere i biglietti del loggione apprezzano i momenti di scambio, di parola; occhi grandi neri, uno sguardo stupito che pensa a “come è grande questa Scala” a “beh non lo è poi così tanto”: tra queste due affermazioni sono passati degli anni, da una bambina a diventare donna c’è voluto poco e pure quello stupore ha lasciato spazio alla maturità che ha trovato in altri aspetti la meraviglia che il teatro sa regalare. Il destino di Chiara è legato a doppio filo al Teatro: da spettatrice diventa parte del personale di sala e la scuola per lei diventa “vivere ogni giorno in Scala e avere l’opportunità di essere spettatore di ogni spettacolo, per imparare, conoscere e alla fine dare un giudizio.” Chiara ha una visione da molteplici punti di vista e questo le ha permesso di avere la possibilità di aprirsi ad un confronto sia col pubblico sia con gli addetti ai lavori.

Guardando tra le opinioni raccolte, in generale qualcuno sostiene che ci sia un interesse da parte delle ultime generazioni legato forse più ai nomi e titoli di chiamata che non all’interesse di osservare l’opera rappresentata: manca cioè una critica analitica e approfondita. Ma col tempo, tutto questo potrebbe cambiare. Le politiche culturali attuate di recente dal Teatro alla Scala, ma non solo (vedesi AsliCo), lavorano affinché l’educazione musicale divenga un momento di arricchimento sia scolastico sia famigliare (le produzioni Cenerentola, Il Flauto Magico, Il ratto del Serraglio, L’Elisir d’Amore, Il Barbiere di Siviglia sono aperte sia alle scolaresche sia alle famiglie). E questo fa ben sperare che le future generazioni di spettatori possano avere gli strumenti e acuire la propria curiosità verso la musica e il teatro.

 

 

 

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