Il pensiero di Martina Colucci su "ST(r)AGE (CANTIERI INCIVILI)"

St(r)age: una domanda a cui stavolta tocca rispondere

Visto il 08/09/2018 | CrashTest Festival, Valdagno (VI)

Una potenza di intenti che si percepisce fin dall’ingresso del pubblico in sala, dialoghi crudi, battute serrate e molto quotidiano davanti agli occhi degli spettatori.
Far pensare, prendere una posizione rispetto alle dinamiche contemporanee legate al mondo del teatro e non solo. Ecco il fine ultimo di bologninicosta, giovane compagnia emergente del panorama nazionale teatrale. È difficile non farsi coinvolgere emotivamente dallo spettacolo e rimanerne distaccati. Il racconto si snoda su due assi temporali differenti: da una parte due attori, un regista e un allievo attore si sfidano a colpi di offese assoggettando l’uno e l’altro al potere della vergogna, delle parole e azioni più disumane possibili; dall’altra una compagnia di attori scopre di essere rinchiusa in un teatro decadente, dove tempo prima alcuni loro colleghi avevano deciso di togliersi la vita perché quello che le luci della ribalta avevano offerto loro era uno scenario di sacrificio e lacrime troppo alto da sostenere. Un massacro. Ne ritrovano i vestiti e con questi giocano, ricordandoci la vera essenza del recitare, in inglese “to play”, giocare appunto.

I colori vivaci dei tessuti scoperti nel baule della sala fatiscente si contrappongono a quelli più freddi degli abiti dei protagonisti e dell’allestimento, fatto di pochi ma importanti e funzionali elementi.

St(r)age pone una domanda, semplice ma essenziale: il teatro è morto?
Lo spettacolo lascia che la scelta sia presa dal pubblico, il vero destinatario dell’azione scenica, perché – come ci ha insegnato più volte la storia – le rivoluzioni partono dalle masse e i pensieri più profondi sono quelli di pancia che arrivano diretti al cuore. Due possibilità e una sola responsabilità che riguarda tutti, nessuno escluso.


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