Il pensiero di AMAT su "In Tahrir. Studio sulle tracce di Gihan"

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Visto il 27/06/2013 | Villa Nappi (Inteatro Festival), Polverigi (AN)

Dal 17 al 27 giugno 2013 Inteatro, in collaborazione con AMAT, ha ospitato in residenza la compagnia romana Muta Imago che ha proseguito il proprio percorso verso la produzione di In Tahrir. Studio sulle tracce di Gihan. Una giovane spettatrice ha mandato le sue impressioni dopo aver assistito allo spettacolo.

Sinora non ho mai avuto la possibilità di assistere a uno spettacolo di teatro contemporaneo, tanto che quando mi è stato proposto, da una parte ero curiosa, dall’altra temevo di non saperlo apprezzare. Ai miei occhi tutto appariva strano, a partire dal posto in cui mi trovavo: il Teatro della Luna, che tutto è tranne che un teatro, o meglio, sicuramente non è un teatro all’italiana. Non c’erano sedie comode come quelle del teatro classico, erano piuttosto sedie da palazzetto dello sport, che secondo me favoriscono una maggiore attenzione nello spettatore, come quando si assiste a una partita, la si segue non solo con la mente ma con tutto il corpo, tutto di noi è attratto da quello che ha davanti.

Mi ha stupito il fatto che una compagnia di attori abbia preso a cuore questa nuova piaga d’Egitto cominciata due anni fa e tutt’ora non guarita, e l’abbia fatta diventare arte, sensibilizzando in questo modo l’uomo occidentale, che spesso inconsapevolmente considera quel mondo tanto lontano da sé. Gli attori nel costruire lo spettacolo, che ancora non è completo, sono partiti dalle tracce della blogger Gihan, che tramite i social network informa l’Occidente sulle stragi, le rivolte, le ingiustizie, gli sconvolgimenti del suo Paese.

I Muta Imago, usando il meno possibile i dialoghi, pongono lo spettatore davanti a immagini, che molto chiaramente spiegano la grave situazione egiziana, immagini che ormai dominano i nostri telegiornali. Eppure non si aveva la sensazione di stare davanti a un teleschermo, ovvero a qualcosa di oggettivamente “freddo”. Ho apprezzato molto l’utilizzo dei suoni e dell’amplificazione, perché portavano lo spettatore a immaginarsi la scena, le facce, i corpi dei personaggi. È sicuramente un tipo di teatro che chiede al pubblico di impegnarsi.

Denisa Mahilaj


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