Il pensiero di Luisa Bevilacqua su "Queen Lear"

La realtà della finzione

Visto il 22/01/2019 | Teatro Fabbricone, Prato

Articolo redatto all’interno del progetto Un Gioco da Ragazzi / Teatro Metastasio

I secondi che precedono lo spettacolo sono gli unici momenti di buio e silenzio di tutta la serata. Subito dopo luci, musica, colori esplodono sul palco, creando un arcobaleno fatto di trucco, glitter e parrucche. È facile confondersi tra citazioni pop, lipsync e rap, ma tutto risulta perfettamente incastrato e ogni cosa è al posto giusto al momento giusto. Le luci illuminano i loro volti, che brillano a ogni piccolo movimento: sono le Nina’s Drag Queens che mettono in scena la storia di Lea Rossi, emigrata nel Regno Unito e proprietaria di un negozio di giocattoli e di centinaia di bambole. In uno spettacolo di drag queen potrebbe sembrare un paradosso parlare di verità, eppure questa emerge nella moltiplicazione dei rapporti fra personaggio e attore. Queen LeaR non può essere considerata semplicemente una parodia di King Lear, sebbene si ispiri a esso. Definirla tale implicherebbe l’esistenza di una realtà che viene sovvertita, una verità stravolta. Ma per loro essere drag non vuol dire confermare la realtà, ma metterne in discussione l’esistenza. Il loro modo di essere reali è fingere. Regana e Gonerilla fingono nel dimostrare amore e Kent finge di essere Clara, le drag queen lo fanno non solo in quanto attrici, ma anche in quanto drag, indossando quindi più di una maschera, e facendo della propria forma d’arte quasi un’identità personale. La voce acuta, gli atteggiamenti effeminati, sono la rappresentazione dello stereotipo femminile portato all’estremo, che le Nina’s masticano sul palco con ironia sconcertante. Fingere, e farlo nel modo più esagerato possibile, è il loro motto. Per i personaggi che interpretano, invece, la finzione non nasconde nessuna provocazione. Questo doppio livello di illusione ci disorienta e ci incuriosisce. Viene spontaneo domandarsi, infatti, cosa ci sia sotto tutto quel trucco, al di là delle parrucche che sembrano insormontabili. Ma forse questo non vogliamo saperlo davvero. Ci basta tenerci in bilico sul dubbio che ci fa oscillare da un’idea a un’altra. E mentre proviamo a trovare una spiegazione, Lea è rimasta con una sola bambola e ha già lasciato tutti, scomparendo sotto un velo di paillettes.