Il pensiero di Giovanna Gioja su "Certi giorni"

Il racconto di una donna intrappolata nel proprio ruolo

Visto il 18/02/2018 | Coopera (“Resilienza” – Rassegna di teatro al femminile), Putignano (BA)

Ad accoglierci un ambiente raccolto, con massimo 50 persone. Il piccolo palco è arredato come un salotto, con un tavolino sul quale è poggiato un telefono vintage a disco; sparsi qua e là ninnoli, angioletti di Thun, la tazzina per il caffè di ceramica: un rassicurante interno dove nulla di male può accadere.

In scena una giovane donna inizia a raccontare “certi giorni”: quelli di una ragazza vissuta in un piccolo centro della provincia marchigiana, dove tutti si conoscono, sanno tutto di tutti, non sempre spinti da solidale interesse per le sorti degli altri. Figlia di un piccolo imprenditore che vende scarpe, benvoluto, ben rispettato, ben inserito: “ben”, quel piccolo suffisso che spesso fa la differenza tra essere “border line” o accettato a pieno titolo dalla società.

In quel piccolo centro ci sono solo tre spazi di aggregazione: il bar dei comunisti, quello dei vecchi e la chiesa. La nostra protagonista sceglie – o meglio, è costretta a scegliere – la chiesa. Lei vorrebbe andare tra i comunisti, là ci si diverte, ma la chiesa è il luogo giusto per una ragazza di buona famiglia. Non importa che quelli della chiesa ti sorridono “perdonandoti” prima di aver peccato, scatenando un sottile senso di colpa che si insinua nei pensieri e nei gesti quotidiani.

Certi giorni è la storia di una ragazza che cresce con la convinzione di essere un po’ bruttina, di doversi accontentare, costantemente sotto pressione per le aspettative della mamma, benpensante e bigotta, e del papà che non manca mai di accrescere il suo senso di insicurezza e di ansia. Consapevole, ironica e rassegnata, si innamora del ragazzo più bello e ambito del paese, senza alcuna speranza di conquistarlo. Lui è fidanzato, è molto attento alle compagnie che la fidanzata frequenta, agli abiti che indossa, a come si trucca, a come vive: che invidia per la prescelta!

Dal salottino color pastello il racconto si fa più dettagliato. La protagonista trova marito, non quel suo primo amore, ma con il matrimonio arriva la felicità. Finalmente è libera dall’atmosfera soffocante del suo paese di origine e dalla fatica di essere “ben” e di fare la cosa giusta, quella che gli altri si aspettano. Ora è contenta e soddisfatta di sé, ha una bella casetta da arredare e pulire, gli angioletti di Thun, il televisore al plasma, conquiste da mostrare con orgoglio. Certo, vive lontana e non conosce quasi nessuno, il marito è sempre fuori casa per lavoro e le giornate sono un po’ lunghe, ma intanto ha gli angioletti da spolverare e le telefonate da fare periodicamente ai genitori per ricordare loro quanto sia realizzata.

Un giorno, però, il telefono squilla: è il ragazzo del quale era innamorata, il più bello, irraggiungibile e impegnato. Da quanti anni non lo sente? Ora, improvvisamente, la vuole vedere. Si incontrano in un bar del centro e lui è molto agitato, insiste per salire a casa sua, la implora di ospitarlo: una presenza che le mette inquietudine. Lei non si fida, lo prega di andare via e riesce a metterlo fuori di casa, spaventata, ma sollevata.

Certi giorni ti senti un po’ più sola, e allora decidi di fare una telefonata non programmata ai tuoi genitori e improvvisamente sai e capisci. Tuo padre, dall’altra parte del telefono, ti dice che lui, il tuo antico amore, il ragazzo desiderato, ma “innamorato” di un’altra, ha ammazzato la sua fidanzata ed è fuggito, verso Sud. Certi giorni allora capisci quanto siano criminali il silenzio e l’omertà e quanto i ruoli imposti dalla società siano trappole nascoste dietro il “decoro”. Certi giorni sai che ti sei salvata, ma solo per caso.

Il monologo di e con Arianna Gambaccini è ispirato a una storia vera, come quelle che accadono in Italia ogni due giorni e si rivolge a tutte le donne, ricordando Alessia e Martina, uccise dal padre, e la loro mamma Antonietta, sopravvissuta alla strage premeditata del 28 febbraio 2018.


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