Il pensiero di Teatro in classe su "Empty moves (parts I, II & III)"

“Empty moves” coreografia Angelin Preljocaj

Visto il 18/11/2016 | Teatro Arena del Sole, Bologna

Questa recensione è da considerarsi come esito dell’edizione 2016/2017 di Teatro in classe, progetto promosso da Emilia Romagna Teatro Fondazione che offre agli studenti delle Scuole Medie Inferiori e Superiori di Bologna e Provincia l’opportunità di vestire per un giorno i panni di critici teatrali.

Dare parole a ciò che abbiamo visto e udito: siamo proprio sicure di volerlo fare?
È un’impresa ardua che ancora non sappiamo se si potrà compiere e come si compirà.
Numi tutelari: l’inatteso, il casuale, il frammento, la struttura e la de-struttura, l’implicito e l’esplicito. Vista e udito, ospite sgradito: linguaggio verbale.
Si tratta di decodificar: le parole dovranno prendere corpo per dare voce ai quattro danzatori nello spazio che abitano la  coreografia di Preljocaj  di questa rappresentazione denominata Empty Moves.
Si inizia con la delimitazione reale e simbolica dello spazio, che consentirà ai quattro danzatori di organizzare un nucleo centrale da cui sviluppare l’opera.
Sono movimenti fluidi e liberi, frutto di una struttura precisa e delineata da un rigore e da una precisione che un pubblico ora coinvolto, ora scettico, percepisce e interroga.
Ci si potrebbe riferire alla “biomeccanica teatrale”, ma fiutiamo che è diverso, c’è dell’altro.
Protagonista è il corpo del danzatore, che restituisce una tecnica che non necessita di nessuna opportunità scenica; i gesti del corpo non hanno mai staticità, divengono, fluiscono e preparano uno sviluppo strutturato e al contempo destrutturato nei singoli movimenti.
Questi elementi vengono poi ricongiunti in una composizione dall’essenza apparentemente priva di significato: Empty moves (movimenti vuoti) riecheggia Empty words di John Cage, la colonna sonora.
Empty words è un lavoro per voce, basato sul Diario di Henry David Thoreau La disobbedienza civile. J. Cage aveva spogliato il testo prima di alcune frasi, poi di alcune parole, infine di alcune sillabe, il tutto intervallato da silenzi, per giungere a un testo sempre più rarefatto: un universo di semplici suoni. Destrutturando il testo il musicista ne ricava i singoli fonemi, per suscitare nel complesso, nella reazione del pubblico, un effetto di disorientamento, di incomprensione, disgregazione e distanziamento.
All’interno dello spettacolo vi è un’interazione tra le reazioni di sottofondo del pubblico, che fungono da musica, e il pubblico reale presente in sala: così si crea un’atmosfera composta da insulti, rumori, applausi, fischi, entusiasmo e incitazione.
Si potrebbe percepire che la musica e la danza siano due entità separate, in quanto il movimento dei danzatori non coincide con i suoni prodotti dal musicista, tuttavia si dovrà constatare che gli applausi e gli insulti, provenienti dalla registrazione del concerto di Cage avvenuto il 2 dicembre 1977 presso il Teatro Lirico di Milano, costituiscono la punteggiatura ritmica sulla quale prendono vita gli animi dei danzatori.
Analogamente alla destruttura del  testo, il coreografo Prleljocaj affronta il movimento originato anche da elementi e gesti di base della danza classica e contemporanea, nutre la sua sintassi di azioni e movimenti ispirati alle parole e ai fonemi costruendo uno spettacolo senza tema né motivo, ma di una forza emotiva indiscutibile.
Le movenze libere e sinuose sono rinchiuse in una rigidità formale, all’interno delle quali si sviluppano delle alternanze di azioni agitate e tranquille, ricalcate dalla loro espressività.
Il corpo di ballo si realizza in un unico spirito, visibile dalla complicità, passione, armonia e sensualità, creata da movimenti singoli realizzati insieme o da gesti compiuti in coppia mantenendo sempre un contatto fisico che nella modalità tradizionale veniva a mancare.
Lo spazio, sul quale prende vita lo spettacolo, sembra apparentemente vuoto, ma viene colmato in primo luogo dal fatto che i danzatori nel loro inizio e nella loro fine delimitano il palco segnandolo a terra, per far capire allo spettatore che la “storia” è iniziata, si sviluppa o si conclude.
La scena viene riempita dai vissuti che i danzatori trasmettono al pubblico in sala, andando a creare un’atmosfera di immaginazione e trascinando lo spettatore in una dimensione sconquassata e al contempo appagata da una sconosciuta e innovativa articolazione delle frasi coreografiche.
La percezione del proprio esistere, che sempre e a volte maniacalmente rincorriamo con il linguaggio verbale, è altrove. Qui si tratta dell’incontro di ideazione e training creativo che mandano in crisi e al tempo stesso arricchiscono tale percezione.

La rubrica: noi tra palco e realtà

Preljocaj in Empty moves ha ideato e tradotto azioni e movimenti ispirati dalle parole e dai fonemi pronunciati da J. Cage in una performance del 1977 al teatro Lirico di Milano, mescolati alle reazioni sonore del pubblico. I quattro danzatori si incaricano di realizzare la decostruzione degli schemi coreografici pensata da Preljocaj modificando lo stato del corpo (lo stato delle cose) nel susseguirsi delle tre sezioni che compongono l’opera. La vitalità del gesto e della scrittura scenica realizzano il divenire in immagini dinamiche, instancabili nel desiderio di essere e perseverare in un futuro (Empty moves I 2004, Empty Moves II 2007 & III del 2014). Urla, dinieghi, domande rissose, cinismo non riguardano il desiderio, la traiettoria del corpo non si lascia intaccare e, dotata della sua energia e del suo significato, prosegue. L’enigma della vita rimane per tutti e per ciascuno nella sua relazione con il corpo degli altri che attraverso il proprio corpo e la mediazione del teatro può farcelo percepire meno enigmatico.

 a cura del Liceo Sabin, Bologna

Classi quarta e quinta Scienze Umane: Gemma Ferri, AnnaMaria Zanetti, Arianna Benazzi, Giulia Rinaldi, Federica Comastri, Sofia Roncarati, Valentina Tampellini, Lidia Falzone, Elisa Chiari, Beatrice Centonze, Sofia Schipa. Docente: prof. Mirca Buttazzi.