Il pensiero di Danilo Nucci su "Cammelli a Barbiana"

Cammelli a Barbiana (e anche al Corsini)

Visto il 10/03/2018 | Teatro Comunale Corsini, Barberino di Mugello

Non sono solito generalizzare le mie sensazioni di fronte a uno spettacolo teatrale: ognuno ha una diversa sensibilità e proprie emozioni. Questa volta è diverso: sono certo che quello che ho provato io corrisponde al sentimento della maggior parte degli spettatori presenti questa sera al Teatro Corsini. Con tutto il rispetto per tutto quello che abbiamo visto finora in questa stagione, tutto di ottima qualità, nessun lavoro è stato altrettanto capace di catturare incondizionatamente il pubblico come questo. Gli spettatori, come me, guardavano e ascoltavano, in assoluto silenzio, con grande partecipazione emotiva, quasi che lo stesso respiro potesse turbare quell’atmosfera. Un attore bravissimo, da solo in scena, a tratti racconta, a tratti interpreta Don Milani, in un allestimento assolutamente spoglio, ma ricco di parole, parole pesanti, quelle parole alla cui conoscenza lui attribuiva la speranza del riscatto degli ultimi della società.
Chi non ha letto Don Milani o tutto quello che è stato scritto su di lui trova in questo testo tutto quello che c’è da sapere, almeno nei suoi tratti essenziali. Emerge in modo netto la fede di Don Milani, sempre più spogliata di tutte le componenti soprannaturali e mistiche, sempre più calata nelle realtà sociali e umane con spirito rivoluzionario e “anarchico”.

Per questo non è casuale, a conclusione dello spettacolo, la citazione musicale della Canzone del maggio di Fabrizio De Andrè. I punti di contatto fra i due sono molteplici, nonostante si tratti di due personaggi molto diversi. Entrambi hanno in comune questa origine alto-borghese che pesa come un macigno su entrambi, come un peccato originale da scontare ed espiare. Il senso della citazione del Vangelo “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”, si sposa bene con il verso finale di Via del Campo “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”. E come non pensare alla Buona Novella in cui De André riesce, da ateo, a comporre versi in cui c’è più religione che in cento omelie, calando il divino sulla terra per renderlo più vicino all’umanità; quello che ha cercato sempre di fare quel prete di Barbiana e che in fondo dovrebbe essere, per chi ha fede, anche l’essenza del cristianesimo. Ma mi fermo qui, non è la mia materia…