Il pensiero di Danilo Nucci su "Piccoli Eroi"

“Piccoli eroi” e la mela di Newton

Visto il 21/04/2018 | Teatro Comunale Corsini, Barberino di Mugello

Che c’entra la mela di Newton con la rappresentazione vista ieri sera al Corsini, Piccoli eroi, del Teatro del Piccione? Perché, proprio come nelle scienze così dette sperimentali, il processo di conoscenza deve necessariamente partire dall’osservazione attenta della realtà, dal particolare, se non si vuol avere una visione distorta e appannata dei problemi. Questo dovrebbe valere anche per le scienze sociali,come l’economia, la sociologia e soprattutto per la politica. Anche in questi campi, partire dai dati complessivi, generali, aggregati ti porta inevitabilmente a considerare erroneamente il fenomeno come un tutto, anziché una somma di singole, piccole, drammatiche individualità. Non posso fare a meno di pensare a Pietro Bartolo e alla sua preziosa opera a Lampedusa. Non sarebbe quello che è se si fosse limitato a coordinare dall’interno di un ufficio l’opera di assistenza ai migranti. Sono stati l’incontro violento con realtà tragiche, talvolta strazianti, sguardi e volti, storie personali, che è difficile anche raccontare, che hanno cambiato la sua vita.

Se questo vale per le scienze, ancor più vale per la coscienza collettiva (potrei anche scrivere co-scienza). Se si vuole arrivare a scalfire l’indifferenza e il cinismo dell’“aiutiamoli a casa loro”, metafora del più crudo “lasciamo che si arrangino da soli”, è dalle singole storie che si deve partire, oltre che dalla giovani generazioni. È per questo che, in ambito scolastico, le classi multietniche, in una scuola che funziona, sono un esempio fondamentale per la crescita di questa conoscenza in ambito sociale.

Nient’altro che tutto questo si propone di fare la messa in scena di ieri e l’intenzione di riproporla ai ragazzi è un’idea meravigliosa. Anche in questo caso mi sento di partire dalle individualità: un’attrice straordinaria che non ha recitato personaggi ma che “è stata”, di volta in volta, una vecchia madre che perde i suoi figli, una prostituta prigioniera e sfruttata, una giovane sposa che ha messo su famiglia con uno di quei figli sfuggiti alla miseria e alla disperazione.

E noi spettatori? Non c’erano spettatori, ma in qualche modo tutti attori, tutti sul palcoscenico: la quarta parete completamente abbattuta dalla regia e dalla messa in scena, con il risultato che ognuno di noi ne è uscito diverso, più consapevole e carico di maggiori responsabilità. Il fenomeno migratorio è un po’ meno, per tutti, massa informe e opaca, ma si cominciano a delineare volti e storie. Dice una frase del testo (che cito nella sostanza): “anche in una vita disperata ci sono attimi, momenti di felicità”. Sta un po’ anche a noi più fortunati a cercare di farli emergere.
Grazie a Catalyst del regalo che ci ha fatto.


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