
Auditorium Ciuffenna, Loro Ciuffenna, 12 novembre 2016
Stasera Niente panico, che – dopo le ultime vicende, il terremoto, la minaccia di esondazione dell’Arno e quella minima dell’Ambra, l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti – mi sembra il minimo. Abbiamo bisogno di serenità, di ridere. Ma perché la gente ride e di cosa?
Il palco presenta una poltrona, una pila di libri con in cima una abat-jour, altra oggettistica sparsa. In qualche modo minimale. Entra Luca e si inizia subito a ridere. Lui ci riesce. È così. Ha un dono decisamente raro. Luca ammicca, gioca, gongola, Loro Ciuffenna tra l’altro è un posto familiare e può giocare senza limiti, sentendosi protetto e a casa. Molto graziosa la trovata del cambiare atmosfera colpendosi per due volte la testa (sarebbe stato più interessante fosse stato una sorta di fil rouge che univa tutto lo spettacolo, un richiamo alla testa, alla mente che a volte prende certe pieghe e certe deviazioni).
Per me poi tutto diventa troppo veloce, forzatamente sopra le righe, che capisco essere la cifra della comicità moderna specialmente televisiva, e mi resta il dubbio che il testo, complesso, ricco, anche troppo per me, a volte dichiaratamente alla ricerca della risata, non sia qualcosa di sentito, di vissuto. Ho la sensazione che nel teatro comico si provi a portare il pubblico dentro la storia prendendo a spallate la quarta parete con un profluvio di parole, di battute, con il chiamarlo in causa direttamente come nelle stand-up comedy. Sarebbe molto interessante, visto che il testo di Luca si presta, visto che l’argomento è comune, provare a renderlo quindi più intimo, senza per questo renderlo una noia, renderlo meno televisivo, alleggerirlo di mosse, versi e urletti che sono ormai stereotipi comici. Luca non ha bisogno di questi mezzucci per far ridere. Luca ha capacità di sfondare senza questi escamotage da lasciare a chi non ha altri mezzi. Caricarlo di questi trucchetti rischia di rendere meno personale e universale il testo. Sembra quasi un demandare a qualcosa di estraneo alla storia una comicità che la storia ha inevitabilmente. Chi non è stato lasciato da qualcuno in vita sua? Chi non ha sofferto per amore? Chi non ha avuto uno psicologo o chi non ne avrebbe avuto bisogno? Tutti ci riconosciamo, tutti vogliamo ridere di noi, dopo che abbiamo digerito il rospo. Basta il testo (alleggerito) e basta portare se stessi, forse.
Luca è bravissimo a usare le voci, che crea meravigliosamente con un lavoro evidentemente forte e preciso, per definire e caratterizzare personaggi, ma la caratterizzazione a volte sembra fermarsi solo alla voce. Peccato.
Una battuta attribuita al fanciullo interiore recita “questo spettacolo manca di verità”. È forse vero, ma non è di questo spettacolo, secondo me è un problema degli stilemi moderni. Forse nel tutto veloce, accennato, si perde di empatia, c’è simpatia con qualche personaggio ma empatia non direi. Perché generare una risata compulsiva due secondi dopo aver creato un minimo spazio di interiorità? Perché non scendere improvvisamente e inaspettatamente e far smarrire lo spettatore in qualcosa che non è la risata, per qualche istante di più? Perché non un saliscendi di emozioni? Perché correre e poi allungare certe notevoli battute non-sense per più di quanto richiesto (l’immediatezza), col rischio di sfibrarle?
Luca entra richiamato dai tanti applausi per almeno sette volte, da una parte, da un’altra, con il classico movimento dell’attore comico, una scivolata storta piena di energia. Tutto è modernamente comico. Esco dallo spettacolo, la sensazione è di non comprendere perché la comicità teatrale è così televisiva, ed è condivisa con altri. La mia domanda resta inevasa: perché la gente ride a teatro, e di cosa? Mi do una risposta temporanea. Forse la gente ride o ha riso stasera di ciò che conosce, di quello che è abituata a vedere in TV, perché questo gli è stato proposto. Sarebbe stato interessante vedere se spostando l’asse la gente avrebbe riso lo stesso. Sono convinto di sì, perché Luca è molto bravo in quel che ha. Ha che scatena la risata con poco. Che può essere anche un limite, perché quando tutto è imperniato e giocato su questa facilità si rischia di non dare il giusto spessore ad altro.
Andrea Roselletti